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Chi quotidianamente si trova a comunicare su Facebook con un approccio professionale lo può constatare già da qualche tempo: la reach organica delle pagine sta subendo un calo vertiginoso. Se fino a qualche mese fa anche con un contenuto non sponsorizzato non era difficile raggiungere una buona fetta del pubblico che segue una determinata pagina, a partire dal secondo semestre del 2017 le cose hanno cominciato a cambiare molto rapidamente e la portata di un contenuto si attesta ormai ben al di sotto del 10%.

Si tratta di una dinamica già in atto da diversi anni, tanto che già nel 2014 Social@Ogilvy, la branca del network Ogilvy che si occupa di social, introduceva il concetto di Facebook Zero, ovvero un social network nel quale la portata organica dei post fosse totalmente azzerata:

“Facebook Zero è una realtà con la quale i brand e le aziende in generale devono fare i conti è il momento di agire, occorre prendere delle decisioni specifiche riguardo alla programmazione dei contenuti, alla gestione professionale delle attività sui social media, all’impostazione dei pubblici”.

Se, come è naturale che sia, l’attenzione di Ogilvy era già concentrata sulle modalità attraverso le quali correre ai ripari, c’è chi si concentra sulle motivazioni di questa deriva. Tra le ipotesi più accreditate ci sono quelle formulate da Mari Smith, una delle maggiori esperte di Facebook Marketing a livello mondiale. Secondo la marketer statunitense, il perché di questa scelta è da ricercare nell’esigenza da parte della società di Zuckerberg di incrementare i margini di guadagno. In altre parole, Facebook starebbe lavorando per trasformare ogni business user in un inserzionista. A sostegno di questa tesi Mari Smith mette a confronto la costante riduzione della portata organica dei post e l’incremento del valore delle azioni del colosso di Palo Alto.

Quello che è certo è che Facebook sta sperimentando importanti cambiamenti relativi al news feed, il flusso di aggiornamenti che ogni utente del social network visualizza. In alcuni paesi sono stati condotti dei test separando i contenuti personali (creati e condivisi da semplici utenti) da quelli pubblici (creati e condivisi da aziende o da agenzie di comunicazione), con l’obiettivo di capire se una distinzione tra le due tipologie di contenuto è considerata positivamente dalla platea del social.

Un altro indizio che indica il grande cambiamento che si prospetta risponde al nome di Explore Feed, un nuovo feed che dovrebbe aiutare gli utenti a scoprire contenuti differenti da quelli consultati abitualmente, proponendo un mix di articoli, video e foto, tutti provenienti da pagine con le quali ancora non hanno interagito. Per selezionarle, l’algoritmo di Facebook si basa sul social graph, quindi sulle pagine apprezzate dai tuoi amici e su quelle simili alle pagine per le quali hai già dimostrato interesse.

Perché Facebook dovrebbe aver bisogno di un nuovo news feed? Fondamentalmente perché sta rapidamente esaurendo lo spazio per piazzare la pubblicità che vende. Con la diffusione dei dispositivi mobili e la relativa diminuzione delle dimensioni degli schermi, diminuiscono anche gli spazi per l’advertising. Non potendo continuare a riempire di pubblicità lo spazio che divide il post di un amico da quello di una celebrità che seguiamo senza provocare una crescente frustrazione tra gli utenti, Zuckerberg e soci devono correre ai ripari.

 

Cosa deve fare un’azienda per non farsi trovare impreparata di fronte a questi cambiamenti? È ancora una volta Mari Smith a darci alcune preziose indicazioni. Alcune di carattere prettamente tecnico – prediligere contenuti video e specialmente live broadcast, alternando formati diversi, da quelli più corti a quelli di durata maggiore, e includendo testi, in modo da renderli fruibili anche con l’audio disattivato – altri di carattere “strategico”. Questi ultimi possono essere raccolti sotto un’unica etichetta, che potremmo definire “gestire la comunicazione su Facebook con un approccio professionale”: evitare di limitarsi ad usare il bottone “Metti in evidenza il post” per sponsorizzare i contenuti ma operare attraverso il Business Manager, installare il Facebook Pixel per monitorare il comportamento degli utenti sul proprio sito, creare pubblici specifici e lookalike, attivare campagne di retargeting e settare l’obiettivo di una campagna in base a quello che è l’effettivo obiettivo di business.

Insomma, il tempo del fai-da-te improvvisato sembra essere terminato, per far crescere la propria attività (e il proprio business) su Facebook è fondamentale dotarsi di una strategia e stanziare un budget da investire. E se si pensa di non essere in grado di farlo, affidarsi ad un team di specialisti potrebbe essere l’idea migliore.

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